
A San Pietroburgo ho scattato un’enormità di foto con la reflex digitale, tant’è che ad un certo punto dentro l’Hermitage la macchina ha cominciato a dare i numeri e scattava solamente foto fuori fuoco. In pratica un pezzettino in plastica si era staccato dall’interno e vagava. Non mi sono fatto prendere dal panico quindi l’ho preso e buttato. Amen.

La fotocamera ad oggi senza quel pezzettino funziona benissimo e devo dire che è parecchio resistente. L’anno prima era sopravvissuta ad una caduta libera di 70-80 cm in una stazione metro di Budapest.

Lodi alla mia digitale finite, ora torno a parlare della città.
La metro è molto usata dai locali e sostiene ogni giorno una quantità di passeggeri non indifferente. La particolarità è che in alcuni tratti, a causa della tipologia di terreno e della necessità di dover attraversare la Neva e i gli altri canali in generale, raggiunge profondità considerevoli. Le scale mobili sembrano non finire mai.

La linea 1 rossa (!) risale agli anni 50 e alcune sue stazioni sono dei veri e propri gioielli di architettura socialista, vale la pena farsi delle fermate extra solo per visitarle.

Sono partito fiducioso di comprare tonnellate di fotocamere russe. Una volta arrivato ho sentito parlare molto bene del mercato dell’usato di Udelka ma il mio primo sopralluogo è andato completamente a vuoto: non andateci durante la settimana. Il sabato mattina era popolato ma non sono riuscito a trovare fotocamere interessanti. Ho comprato giusto un paio di Samovar.

Da collezionista paradossalmente sono tornato a mani vuote, ma la cosa peggiore è stata quella di non aver considerato che Leningrado a suo tempo è stata la patria della LOMO ( Leningrad Optical Mechanical Association in inglese). Me ne sono completamente dimenticato e per di più ho scoperto di essere passato vicinissimo all’ultimo magazzino rimasto, completamente ignaro del suolo che stavo calpestando.

La lingua inglese non è contemplata anzi direi piuttosto che viene orgogliosamente snobbata. Persino in una emblematica “english bakery” i commessi non solo non lo parlavano, ma neanche lo capivano. Mi è anche capitato che dopo alcuni stentati scambi di battute una signora che vendeva una specie di omelette si rivolgesse ad altri clienti (russi) bofonchiando “amerikanski” qualcosa, ho ancora la netta sensazione che mi stesse sfottendo…

A parte le difficoltà di comunicazione devo dire che mi sono trovato bene, San Pietroburgo è una città piacevolissima e facile da visitare. C’è anche la possibilità, per chi rimane qualche giorno in più, di fare piccole visite fuori città alle residenze degli zar a Carskoe Selo o Peterhof entrambe strutture meravigliose.

Un giorno probabilmente pubblicherò un appendice a questi due post con le foto scattate alle auto dei russi, meritano davvero. A parte le indistruttibili Lada che resistono ai decenni come se niente fosse devo anche documentare la discreta moda russa di aerografare le macchine con immagini di cose a caso (aerei, matrioske, lupi…). Alla faccia dei romanticismi, una delle immagini migliori è stata quella di una Lada con luci a neon blu sotto il pianale stracarica di ragazzi che sfrecciava sulla Prospettiva Nevskij. Un peccato non averla fotografata ma credo che mi rimarrà in testa per parecchio tempo.